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Styling tips per Capodanno        
  • 15 Gennaio, 2018/
  • Posted By : tsc_admin/
  • 3.423 comments /
  • Under : Culture

Può sembrare un paragone azzardato, ma efficace – lo smoking sta all’abbigliamento come Marilyn Monroe sta al cinema: un mito indiscusso e indiscutibile.

Uno smoking, per noi di The Savile Club, è paragonabile in un certo senso a un’auto d’epoca: qualunque gentiluomo che si rispetti dovrebbe possederne una nel suo garage o, in questo specifico caso, nel suo guardaroba. Un codice rigoroso, che ci si può divertire a modificare in alcuni piccoli tratti, sempre portando alla tradizione il rispetto che merita.

Sono davvero poche le occasioni in cui è d’uopo indossarne uno classico, soprattutto al giorno d’oggi. Questo, però, non vuol dire che non si debbano conoscere perfettamente le regole per farlo al meglio – anche per poterle stravolgere un po’, in accordo con la personalità di ciascuno.

Ecco quali sono, secondo la nostra visione, i dettami di stile per indossare uno smoking  in modo assolutamente contemporaneo ma fedele allo stile di una volta.

Per prima cosa, serve un’occasione. L’immaginario corre subito a Luchino Visconti e alle feste faraoniche raccontate nei suoi film, a lume di candela con centinaia di invitati. Oggi le cose sono un po’ cambiate, e l’esclusività fa appunto rima con “pochi, ma buoni”. Quale miglior momento delle celebrazioni per il Capodanno, quindi, per riportare in auge la giacca da smoking?

Proponiamo una giacca da smoking in velluto dal taglio slim fit sartoriale, in colori caldi e passe-partout come blu cobalto, bordeaux e il classico nero. Per chi vuole sperimentare con qualcosa di diverso, un’opzione possibile è quella di è cambiare la tipologia di tessuto. L’armonia tra lucido e opaco – che può essere data dai revers a lancia in seta o dal panciotto in tessuto lucido – crea un effetto gradevole e innovativo, completato da una classica camicia bianca o tono su tono e dagli immancabili gemelli realizzati su misura. Anche la giacca con aggiunte in tessuto stampato – in jacquard o velluto di diverso colore permette a chi la indossa di spingersi sopra le righe – ma solo quel tanto che basta.

Giacca da smoking e pantaloni in denim? Fino a qualche tempo fa sarebbe stata considerata al pari di un’eresia, oggi invece è una possibilità da considerare. Consigliamo, in questo caso, di essere molto rigorosi nel resto del look e con gli accessori per non scontentare troppo gli antichi – e bizzosi – Numi dell’eleganza senza tempo.


Rap Star style        
      
  • 15 Gennaio, 2018/
  • Posted By : tsc_admin/
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  • Under : Culture

La cultura hip-hop, da sempre, rappresenta il baluardo di tutto ciò che si può definire “street style”. Vestirsi per stare sulla strada è ciò che vuole significare, in uno stile comodo ma allo stesso tempo d’impatto, che esprima attraverso la musica e la moda quella che è la vita vera.

In questa nuova puntata, la nostra editor londinese svela alcuni tra i maggiori artisti che hanno portato l’hip-hop a divenire, e rimanere, una delle pietre miliari dello stile.

Drake 

Drake rappresenta la nuova generazione di rapper, quelli che sono passati allo stato di superstar in una manciata di anni. All’inizio, non aveva un suo stile ben definito – poi, è divenuto noto per il suo parco scarpe decisamente declinato hip-hop; lo stivale Timberland, sino a quel momento classico intramontabile, ha ceduto il posto alle sue OVO Air Jordans.

Con un’analisi più attenta, la sua nuova immagine ricorda molto quella di un giovane Kanye West. Il suo signature look è nero, nero e ancora nero, sotto forma di t-shirt oversize e jeans a sigaretta, provenienti direttamente dalla linea di abbigliamento da lui stesso creata, OVO. Sottolineano alla perfezione il suo fisico scolpito, donandogli anche ampia libertà di movimento sul palco.

Kanye West

Indubbiamente, uno dei più interessanti, con una carriera che copre già quindici anni di attività. Il suo stile hip-hop veniva visto come un’alternativa al solito “Gangster rap” e tutta la sua estetica segue questa direttiva. Si parte dai giorni perbene di “The College Dropout” e si arriva a lui che indossa una gonna durante il concerto dedicato alle vittime dell’uragano Sandy. Oggi, con le sue magliette oversize e i jeans skinny – abbinati alle scarpe da lui disegnate per Adidas e già divenute culto, le Yeezy Boost – è una vera e propria icona di stile.

Ciò che lo contraddistingue sul serio è il suo spirito critico, più che dichiarato, nei confronti dell’industria della moda – della quale, per paradosso, lui stesso fa parte. Che piaccia o no, Kanye sta usando il suo potere mediatico per parlare delle ingiustizie attuate contro…se stesso! Ovviamente, tutto gira intorno a lui.

Solo il tempo potrà dire se ce la farà a raggiungere perfino la Casa Bianca…un passo di Yeezy alla volta, con la compagnia di una delle esponenti della famiglia più in vista d’America – i Kardashian.

Diddy

Il rapper Sean John Combs è, da sempre, uno dei maggiori esponenti dello stile hip-hop. La sua etichetta musicale Bad Boy, in accordo con gli stylists più in voga negli anni Novanta come June Ambrose, ha letteralmente creato lo stile conosciuto come “Ghetto Fabulous”. Lui e i suoi artisti hanno indossato i più splendenti, luccicanti, ostentati designer di quegli anni, al suono di quelle che sono state tra le più belle canzoni RnB/Hip-hop della storia.

Lo stile, per Diddy, è qualcosa che viene naturalmente. La sua etichetta Sean John, creato nel 1998, è oggi pienamente assunto tra i grandi brand della moda, nonché un business multi milionario. Il suo stile si è evoluto ed è cambiato insieme ai suoi – numerosissimi, per la verità – nomi d’arte.

Diddy si nota, inutile negarlo; il suo modo di essere, oltre che quello di vestire, sono qualcosa che soltanto pochi possono davvero pensare di replicare.

Run DMC

Facciamo un passo indietro, ai giorni dei B-Boy e delle Fly-girl, a quei gruppi iconici degli anni Ottanta. Le Adidas Superstar portate senza lacci sono la firma di stile dei Run-DMC. Per loro, hanno perfino scritto la canzone “My Adidas”, contenuta nell’esplosivo album “Raising Hell” del 1986. Hanno donato al grande pubblico un’estetica nuova con i loro completi, i tipici berretti Kangols e le spesse catene dorate (un simbolo, quest’ultimo, che l’hip-hop ha mutuato dalla cultura africana, come segno di benessere e ricordo). L’oro sta tornando sulla piazza grazie a Kanye West, Jay Z e Nas, che si stanno impegnando per trasmettere questa eredità alle nuove generazioni.

Trenta anni dopo, questo stile non ha ancora abbandonato le strade – né le passerelle. L’appeal inequivocabile delle sneakers e dello sportswear nella sua accezione più “cool” è universale, senza differenza di età o ceto sociale. E, di questo, i brand sono perfettamente consapevoli.

La forte, profonda eredità presente nello stile hip-hop è ciò che ammiriamo qui a The Savile Club; ci ispira a creare tenendo sempre presente uno sguardo a lungo termine. E, contemporaneamente, ci sprona a costruire quello che è il nostro messaggio e i nostro lascito.

 

Camille Adomakoh

 


 

La nostra editor Camille Adomakoh di Karma-style.com è nata e cresciuta a Londra, dove ha perseguito la sua carriera lavorativa che segue fedelmente le sue passioni. Trascorre le sue giornate (e anche non poche serate) scrivendo per brand del lusso e lavorando come costumista, per rendere ancora più belle persone già meravigliose per numerosi progetti cinematografici.


Influence Bespoke: Icone di stile
  • 15 Gennaio, 2018/
  • Posted By : tsc_admin/
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  • Under : Culture

L’eleganza è una componente misteriosa, senza tempo, insondabile. Alcuni uomini particolari, però, sembrano averne posseduta in abbondanza nei gesti e nella vita ed esercitata in modo mirabile, senza sforzo alcuno.

Sono icone del nostro tempo. Uomini che hanno trasformato la loro esistenza, quasi senza rendersene conto, in un’opera d’arte che ancora oggi incanta e stupisce. In un percorso su misura, perfetto per loro e per ciò che volevano raccontare. Senza mai guardarsi indietro. L’essenza di un vero gentleman contemporaneo.

Gianni Agnelli, imprenditore e icona di stile italiana. 

Ci sono alcuni individui che finiscono per assomigliare al luogo in cui hanno trascorso la maggior parte della loro vita: ne acquisiscono il fascino, i tratti salienti, l’allure e perfino la malinconia, a volte.

Gianni Agnelli è l’immagine perfetta della sua Torino, città in cui è nato e vissuto fino ai suoi ultimi momenti. Di Torino possiede il fascino aristocratico, quell’eleganza assoluta  e sussurrata, lineare, semplice – ma che stupisce all’improvviso con dettagli che lasciano senza parole. Un’eleganza quieta e profonda come le acque del fiume Dora, che scorrono placide per la città – ma solo a un occhio poco attento. Dentro, c’è uno spirito ruggente, di fuoco, lo stesso che gli ha permesso di diventare in poco tempo uno dei più grandi imprenditori mai esistiti al mondo – che ha lasciato il segno, che è stato d’esempio per generazioni e generazioni di giovani rampanti che sono venuti dopo di lui, che ancora oggi lo vedono come il simbolo del successo e della classe assoluta.

Noto semplicemente come “l’Avvocato”, sempre impeccabile, il suo stile rappresenta la quintessenza dell’italianità più vera: camicie dal taglio classico button down, l’orologio rigorosamente sopra il polsino, il blazer blu di Caraceni, i mocassini – e un inaspettato, ma non troppo, paio di jeans. Cliente abituale della Savile Row londinese, gentiluomo senza quasi rendersene conto, si faceva confezionare giacche su misura in cashmere e tweed, che poi dava in eredità ai nipoti – un po’ per legame affettivo, un po’ perché per i torinesi doc “non si butta mai via niente”. Il suo stile sobrio, nel quale è davvero difficile riconoscere anche una minima nota stonata, è divenuto iconico più di tanti altri che facevano dell’originalità a tutti i costi il loro baluardo.

Questo era Gianni Agnelli: un uomo talmente grande che non necessitava di orpelli, capace di far trasparire la sua vera personalità dai capi più semplici. Perché la vera grandezza, si sa, si vede subito. Sin dal primo sguardo.


Le calze        
      
  • 15 Gennaio, 2018/
  • Posted By : tsc_admin/
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  • Under : Culture

La calza deve essere lunga, rigorosamente sopra il polpaccio. Il “calzino”, incomprensibilmente in voga nei Paesi anglosassoni, è imperdonabile; se poi si è irsuti diventa insopportabile.

Circa le calze, partiamo per una volta da una vera e propria regola assolutamente inderogabile da chicchessia: deve essere lunga.

Tuttavia un’eccezione all’inderogabilità di questa regola siamo riusciti comunque a immaginarla: un anziano americano di provincia, glabro, può essere inspiegabilmente elegante, quasi fosse una citazione vivente di un quadro di Hopper, con un pantalone di twill color tortora, una camicia a manica corta color pesca di materiale sintetico, cravatta corta e larga ton-sur-ton, una francesina di materiale e fattura dozzinale nera con occhielli per i lacci di metallo e, naturalmente, calzini corti beige.

Conferma che l’appropriatezza per il singolo individuo e la contestualizzazione sono elementi fondamentali dell’eleganza che vanno oltre qualsiasi regola. Anche se le indossava spesso Cary Grant, uomo considerato a ragione elegantissimo, mai le calze bianche, a meno che si sia vestiti di lino bianco, si indossino scarpe bianche lisce da marina o spectators bianco/nere, si possegga uno yacht di almeno trenta metri e si sia a bordo, nell’ambito del porto o nel locale yacht club. La calza rossa, anche se di gradevole effetto e non sappiamo per quale motivo adorata dalle signore, ha, salvo un profilo personale che ponga al di sopra del sospetto, il sapore del vezzo voluto e un po’ scontato; dunque, in generale, da evitare.

Nei mesi estivi e in tenuta informale, dunque con mocassini, scarpe da barca o simili, il piede scalzo non solo è tollerabile (il problema si pone soprattutto nei Paesi anglosassoni, dove però tollerano l’orribile calzino corto) ma è più elegante.

 

Tommaso di Benedetto

Tratto da A Proposito di Eleganza, Una Guida allo Stile Maschile,  Mondadori


Incontri su misura – 4P1B         
  • 15 Gennaio, 2018/
  • Posted By : tsc_admin/
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  • Under : Culture

Incontri su misura. The Savile Club incontra Antonio De Marco.

“Tutto è design”, questo l’assunto che sta alla base della creazione dello Studio 4p1b, realtà milanese fondata nel 2008 e divenuta, in breve tempo, una delle più interessanti del panorama italiano e internazionale. Scopriamo, insieme a uno dei fondatori, quali sono le basi su cui si fonda la loro filosofia e gli obiettivi che ancora vedono per il loro futuro.

– Partiamo dal vostro nome: su misura anche quello, oltre che molto originale. Possiamo ardire nel chiedere da dove è nato? 

Il nostro nome, un po’ croce ed un po’ delizia, è stato scelto in modo molto spontaneo ed è scaturito dalla fretta. All’inizio della nostra collaborazione il nostro studio non era altro che la sala della casa di uno di noi. Avendo finito un concorso, dovevamo spedire il materiale e ci siamo resi conto di dover dare un nome unico al nostro gruppo….sul citofono di casa c’era scritto 4P1B (4°piano, interno 1B). Semplicissimo. La risposta, positiva o negativa che fosse al concorso, almeno sarebbe arrivata.

– Siete riusciti a trovare un’alternativa interessante e originale alla produzione industriale, mutuando da quest’ultima i tratti più pop e versatili. Che cosa vi ha spinto verso questa direzione? 

La produzione industriale di massa tende a generare disaffezione sugli oggetti anonimi. Noi cerchiamo di progettare cose che abbiano alle spalle una storia da raccontare, che strappi un sorriso alle persone.

– Cos’è, per voi, la sensazione speciale di aver creato un pezzo unico? 

La ripetizione identica del modello è delle macchine, il pezzo unico è appannaggio delle mani dell’uomo. Questo significa valorizzare le capacità artigianali e intellettuali che concorrono a realizzare un progetto.

– Nella sartoria, come nel design, l’armonia delle singole parti è indispensabile per creare un tutto che sia straordinario. Quali sono le emozioni e le sensazioni che vi accompagnano nel processo creativo? 

Le sensazioni fanno parte dell’esperienza, e anzi si formano con l’esperienza. Aiutano nella progettazione a capire cosa sia necessario fare o non fare, aggiungere o togliere. Le emozioni sono molto pericolose se associate al processo creativo, rischiano di condizionare il progetto finale. Ovviamente esistono e ne fanno parte, ma noi cerchiamo di utilizzare un metodo progettuale e creativo che ci consenta di lavorare nel modo migliore.

– Guardando i vostri lavori, si evince quanto l’artigianalità italiana sia un imprinting indiscutibile. Quali sono, a vostro avviso, i punti di forza che rendono il Made in Italy apprezzato in tutto il mondo? 

Dietro la parola artigianalità ci sono soprattutto persone che lavorano e producono. Questo vuol dire che il punto di forza del Made in Italy sono le stesse persone che ne fanno parte, che non interrompono mai la lunga catena dell’innovazione che è la tradizione (cit. Le Corbusier). Le persone possono e anzi devono creare interconnessioni tra loro, non chiudersi ma aprirsi, per poter creare maggiori opportunità di dialogo e quindi spunti per progettare e realizzare al meglio. Questo è e dovrebbe sempre essere il Made in Italy

– Avete già alle spalle importanti collaborazioni e premi. Quali sono i vostri obiettivi per il futuro? 

Stiamo cercando di avere ogni anno e sempre più delle opportunità di lavoro e confronto con realtà davvero interessanti. Il nostro obiettivo è di continuare in questo modo, per non perdere lo stimolo a progettare e lavorare in modo creativo. Ci piacerebbe poi poterci confrontare coi maestri artigiani Muranesi nel prossimo futuro, per vedere da vicino una materia che da centinaia di anni si lavora in modo immutato.

– Da dove prendete l’ispirazione per creare un oggetto di design?

Spesso sono i comportamenti delle persone a ispirare un progetto, il loro modo di vivere gli spazi o di rapportarsi con gli altri.

– Ci può spiegare il progetto “Edizione Limitata”? Come nasce, qual è l’obiettivo e il mood che vorreste trasmettere?

EdizioneLimitata è un progetto che abbiamo fortemente voluto realizzare, affinché esprimesse la nostra personale idea di arredo ed esaltasse il rapporto esistente tra i materiali utilizzati. E’ stato concepito per esaltare al massimo le capacità degli artigiani che negli anni hanno collaborato con noi e dei quali conoscevamo benissimo le potenzialità. Abbiamo voluto creare un arredo italiano contemporaneo dall’aspetto fresco, fatto per essere usato e non solo fotografato. Tutti i nostri progetti vogliono stimolare la curiosità di chi se li mette in casa; toccarli, spostarli, potercisi specchiare. Oggetti non anonimi ma discreti.

– Come vede il futuro del design italiano?

Ci sono molti designer italiani attuali, anche giovani, in grado di fare progetti di grande spessore e qualità. Sicuramente le aziende devono avere la voglia di investire sul rapporto con loro, in termini di tempo e confronto. Questo non può che portare il nostro prodotto a essere apprezzato dovunque.


Non è solo una questione di tempo: Roger W Smith
  • 15 Gennaio, 2018/
  • Posted By : tsc_admin/
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  • Under : Culture

Diciamoci la verità: è da diverso tempo, ormai, che non usiamo più gli orologi per sapere che ore sono. Per farlo, ci basta guardare la segnalazione oraria del nostro smartphone, oppure alzare lo sguardo mentre stiamo lavorando sul portatile ed eccola lì: l’ora esatta, precisa e sicura come solo nel digitale.

Nonostante ciò moltissimi di noi si sentono ancora incompleti se non indossano l’orologio, come se mancasse un pezzo fondamentale del look. Questa inversione di tendenza ha fatto sì che, da oggetto utile di uso comune, gli orologi per trasformare necessità in virtù abbiano affinato sempre di più le loro caratteristiche estetiche: la qualità e la particolarità dei materiali, il design, le pietre preziose, le features aggiuntive che li rendono ormai simili a dei piccoli computer in miniatura.

Gli orologi di ultima generazione sono così esteticamente piacevoli e rifiniti che meritano un posto d’onore, indossati sopra il polsino della camicia. Di contro, gli orologi di una volta – modelli iconici che nel corso dei decenni sono diventati sempre più leggendari e ammirati – sono oggidì oggetti da collezione, ma anche dettagli di stile inequivocabili e insostituibili. Da sempre, sono anche uno degli accessori più legato ai ricordi: un po’ per il loro valore intrinseco, un po’ per il fatto di essere – curiosamente, data la loro funzione primaria – un oggetto che trascende il tempo, vengono spesso tramandati di padre in figlio e svolgono la funzione di legame indissolubile tra epoche differenti.

Gli orologi possono essere anche un modo molto sofisticato per introdurre un po’ di colore e un pizzico di estro nello stile quotidiano. Come tutti gli accessori e i dettagli, godono dell’immunità alla serietà, risultando perfetti e mai fuori luogo anche quando abbinati a capi d’alta sartoria. Uno su tutti, lo ricordiamo, lo Swatch – orologio di plastica in mille varianti che negli anni Ottanta e Novanta era al polso di tutti i capitani d’industria e uomini d’affari, ancora di più nelle occasioni ufficiali che esigevano un completo su misura.

Su misura, abbiamo detto: così come un abito o un paio di scarpe, anche un orologio può esserlo? La risposta è, senza ombra di dubbio alcuna, sì. Pensiamo a Roger W Smith, storico marchio di orologeria sin dal 1969, quando il fondatore George Daniels realizzò il suo primo orologio artigianale – creando quello che da allora in poi sarebbe stato definito “il metodo Daniels”: orologi come opere d’arte, pezzi unici e iconici. Nel 1990, Roger Smith divenne un suo apprendista, fino a diventare il suo erede tecnico e  e creativo a tutti gli effetti. L’orologio, infatti, è doppiamente complesso da realizzare: non solo necessità di un gusto raffinato nel design e nell’estetica, ma anche di un’abilità manuale e di una progettazione quasi ingegneristica per poter funzionare al meglio.

Il brand Roger W Smith si distingue oggi, nel panorama dell’alta orologeria, per le sue “Bespoke Series”: orologi interamente creati sulla misura dei desideri del cliente, che diventa parte attiva del processo creativo sin dai suoi albori, scegliendo personalmente materiale, design e trattamenti speciali. Roger Smith in persona si confronta con lui, per potergli consegnare un prodotto che non è soltanto unico, ma che porta in sé la sua personalità a tutto tondo, trasformandola in stile.

Il tempo è un lusso, si usa dire oggi. Lo è ancora di più quando si trasforma in qualcosa creato a nostra misura, capace di riflettere ciò che siamo e dove vogliamo andare, anche se soltanto sotto forma di un orologio.


Come scegliere la sneakers perfetta
  • 15 Gennaio, 2018/
  • Posted By : tsc_admin/
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  • Under : Culture

Come si usa dire, non senza un filo di presunzione, è possibile giudicare un uomo dalle scarpe che indossa. Oggigiorno più che mai: se fino a qualche lustro fa per gli  uomini erano a disposizione soltanto due modelli antitetici di calzature – la scarpa senza troppe pretese da tutti i giorni e quella elegante da cerimonia – ora la scelta a disposizione maschile è decisamente più ampia. Anfibi, sandali, scarpe flat…uno dei modelli più amati e versatili oggi è sicuramente la scarpa sportiva “rivisitata” in chiave contemporanea, che ha mutuato dall’inglese sneakers la sua definizione più nota.

Per lungo tempo, le sneakers sono state poco valutate dalla moda cosiddetta “ufficiale”, considerate appannaggio di chi non aveva stile o degli eterni Peter Pan, incapaci di effettuare una transizione da uno stile più giovanile a uno più maturo. Negli ultimi anni, però, la situazione è considerevolmente cambiata: non si contano le liste d’attesa per aggiudicarsi un paio delle sneakers più in voga del momento – e qualunque dandy che si rispetti ne ha nell’armadio più di un paio, pronte all’occasione.

Tra i modelli irrinunciabili, troviamo le classiche Chuck Taylor di tela, stile basket anni Ottanta, un’icona intramontabile che non ha bisogno di presentazioni e che si rivela perfetta con qualsiasi tipo di vestiario.

La sneaker slip-on senza lacci – la versione 2.0 del classico mocassino – ha raggiunto una grande popolarità soltanto negli ultimissimi anni, ma è ora entrata di diritto tra i must-have di ogni guardaroba maschile che si rispetti: che sia di tela, velluto, pelle o rettile, l’importante è che sia presente.

I marchi più classici di scarpe da ginnastica – inutile nominarli, li conosciamo ormai a memoria, sono quelli che se da ragazzino non ne possedevi almeno un paio non eri nessuno – non si sono lasciati sfuggire l’occasione di questo rilancio e sono subito tornati in pista: collaborazioni speciali con stelle della musica e del cinema, modelli iconici rivisitati per fare leva sul meccanismo sempre valido dei ricordi, edizioni super limitate che vanno subito a ruba.

Perfette per ottenere un look casual ma, allo stesso tempo, rifinito e di classe, le sneakers sono da tempo state sdoganate anche abbinate a un completo elegante. In questa circostanza, riescono a sdrammatizzare la formalità dell’outfit, regalando immediatamente personalità e stile. E, aggiungiamo noi, sono ideali anche per consentire a se stessi la possibilità di sentirsi anche solo per un giorno come ai vecchi tempi, un po’ scanzonati e vagamente ribelli, con il beneplacito di questa piacevole dittatura dello stile chiamata “moda”.


Influenced Bespoke: Icone di Stile
  • 15 Gennaio, 2018/
  • Posted By : tsc_admin/
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L’eleganza è una componente misteriosa, senza tempo, insondabile. Alcuni uomini particolari, però, sembrano averne posseduta in abbondanza nei gesti e nella vita ed esercitata in modo mirabile, senza sforzo alcuno.

Sono icone del nostro tempo. Uomini che hanno trasformato la loro esistenza, quasi senza rendersene conto, in un’opera d’arte che ancora oggi incanta e stupisce. In un percorso su misura, perfetto per loro e per ciò che volevano raccontare. Senza mai guardarsi indietro. L’essenza di un vero gentleman contemporaneo.

Robert Redford, attore e regista statunitense. 

Possiede il fascino della sua terra, la California: indomito, primordiale, ribelle. Un luogo insieme elitario e popolare, con un’atmosfera incomparabile che nasce da un tormento interiore, impetuoso come le onde marine e il vento che smuove le cime dei pini marittimi. Robert Redford è l’esponente perfetto di un’estetica senza fronzoli e orpelli, che si nutre dell’essenziale, donando una luce particolare e personale a ogni cosa.

Come molti grandi attori della sua epoca, Robert Redford proviene da una famiglia della middle class americana, che nulla ha a che fare con i fasti del mondo del cinema. In quel periodo, la capacità interpretativa era qualcosa che nasceva dalle esperienze personali e dalla propria indole piuttosto che da una prestigiosa scuola di recitazione.

Consapevole del suo aspetto, estremamente americano, da ragazzo della porta accanto, è riuscito con il tempo a trasformarlo in un punto di forza, con un tocco di ironia che ha permeato ogni suo personaggio, anche quelli più drammatici. Robert Redford sapeva di essere un cliché vivente, la versione a tre dimensioni del nebuloso “sogno americano” – e su questo lavorava e attraverso questo si divertiva a stravolgere stereotipi e a demolire certezze. Cominciando dallo stile, del tutto diverso da quello che ci si sarebbe aspettati da un uomo con la sua fisicità e la sua presenza: un po’ British, un po’ reporter d’assalto, composto da giacche e berretti di tweed abbinati a jeans leggermente scampanati, completi sartoriali con camicie sportive, occhiali da aviatore con lenti fumé.

Nei suoi film, dava il meglio di sé nelle vesti di gentiluomo rampante, un po’ sprezzante, come il personaggio che interpretò ne “Il Grande Gatsby” nel 1974, vestito interamente da Ralph Lauren con abiti su misura. Così come è stata la sua vita: tra alti e bassi, vissuta a volte in modo estremo, ma sempre fedele a se stesso, alla sua vera natura.


Lo stile iconico delle Rock Star
  • 15 Gennaio, 2018/
  • Posted By : tsc_admin/
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Possedere uno stile personale e definito è, a nostro avviso, il miglior modo  per lasciar trasparire la propria anima apertamente e in maniera accattivante.

Oggi, nella nostra rubrica Style Series, parliamo di rock star: Paul Weller, Alex Turner, Jimi Hendrix e Lenny Kravitz. Vere e proprie icone, diventati essi stessi sinonimo di stile, dotati senza dubbio di quella personalità unica che The Savile Club rappresenta.

La nostra editor londinese è qui per svelarci tutti gli straordinari dettagli che hanno costruito, nel corso degli anni, l’immagine epocale di queste rockstar iconiche.

Paul Weller

Perfetto capostipite dei Mod inglesi, lo stile British di Paul Weller definisce alla perfezione il suo spirito ribelle lungo il corso dei suoi quaranta e più anni di attività, nella transizione da punk a pop soul. Un look lineare ed elegante: completo doppiopetto, cravatta, t-shirt firmata Fred Perry e jeans tagliati – tutti elementi che sono stati presi d’assalto dalla generazione di giovani musicisti che lo ha seguito. Lo stile di Paul Weller è tutto giocato sui dettagli: per citarne uno, i suoi incredibili capelli. Il suo taglio unico, con frangia corta e diverse varianti di colore, resta l’elemento più iconico del suo stile, sin dai tempi dei The Jam.

Alex Turner

Un’altra icona indiscutibile, capace di riscrivere i codici del classico stile Teddy-boy britannico secondo gli stilemi della modernità. Lui e la sua band, gli Arctic Monkeys, sono da più di dieci anni l’emblema del sound inglese – e dello stile che, da sempre, lo contraddistingue. Certo, anche nel suo caso i capelli giocano un ruolo principe, ma quello che lo rende più caratteristico sono i dettagli presi in prestito dal classico stile americano: le cinture, le camicie retro, le giacche di pelle. Siamo certi che abbia ancora molto da dimostrare – e da mostrarci.

Jimi Hendrix

È del tutto irrilevante che siano ormai trascorsi più di quarant’anni dalla sua dipartita: l’impatto che questo leggendario chitarrista ha sullo stile globale è ancora più forte che mai. Da vero precursore, è stato in grado di indossare – e di far funzionare perfettamente – lo stile hippie-funk anni Settanta ben un decennio prima del tempo. La sua capigliatura afro, le stampe astratte e i pantaloni svasati vanno di pari passo con la sua maestria alla chitarra. Il dettaglio più sorprendente sono però le sue eccentriche giacche: stile militare, in velluto, con le frange, floreali e con stampe psichedeliche – ognuna porta con sé dettagli di assoluta bellezza. Jimi Hendrix non è stato un rivoluzionario solo nella musica, ma anche nello stile.

Lenny Kravitz

Abbiamo deciso di glissare con eleganza riguardo ai suoi ultimi trascorsi sul palco…al di là degli avvenimenti recenti, resta il fatto che questo Adone è stato un’icona di stile per la maggior parte della sua venticinquennale carriera. I particolari li conosciamo tutti: occhiali Ray-Ban Aviator, jeans e pantaloni di pelle strettissimi, la sua inseparabile chitarra – impossibile dimenticarsene. Parlando di Lenny Kravitz, è evidente il fatto che non importa quanti o quali vestiti indossi, quello sui cui l’attenzione si focalizza è il suo celeberrimo torace – tatuato, perfetto, indimenticabile. Sicuramente lui stesso è un appassionato di moda: non sono molti quelli che possono permettersi di indossare un blazer di Yves Saint Laurent a petto nudo senza risultare fuori luogo. Il troppo, si sa, stroppia: e Lenny Kravitz è un talento naturale che non ha bisogno di orpelli, nella musica come nello stile.

Tutte le nostre icone rock hanno indubitabilmente segnato una pietra miliare nello stile e nella moda, oltre che nella loro espressione musicale, politica e storica. Creando, così, una matrice sicura da cui tutti possiamo prendere ispirazione.

Camille Adomakoh

 


La nostra editor Camille Adomakoh di Karma-style.com è nata e cresciuta a Londra, dove ha perseguito la sua carriera lavorativa che segue fedelmente le sue passioni. Trascorre le sue giornate (e anche non poche serate) scrivendo per brand del lusso e lavorando come costumista, per rendere ancora più belle persone già meravigliose per numerosi progetti cinematografici.


Verso la luna (e ritorno) – Hasselblad Lunar
  • 15 Gennaio, 2018/
  • Posted By : tsc_admin/
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Ne è passato di tempo, da quando le macchine fotografiche erano un oggetto un po’  misterioso, vissuto, compagne fedeli dei primi fotografi d’assalto che hanno fatto la storia di quella che oggi viene definita “l’ottava arte”.

Negli ultimi anni, al di là dei grandi appassionati che cercano fotocamere d’antan nei mercatini per poi rimetterle a nuovo, quello che più ha interessato chi si trovava ad acquistarne una erano la potenza, le qualità tecnologiche, la memoria, l’indistruttibilità. Il design, i materiali? Sì, anche, ma decisamente in secondo piano.

Non sempre, però. Hasselblad, storico marchio svedese di macchine fotografiche nato nel 1941, ha prodotto un modello unico, la prima fotocamera tailor-made, dove capacità tecniche e design innovativo si fondono e, a tratti, si confondono per creare un prodotto che non ha eguali.

Hasselblad Lunar, questo il suo nome, è un omaggio alle missioni spaziali dell’Apollo, per ricordare l’onore che fu accordato al brand: essere i primi nel fornire le telecamere che avrebbero immortalato per la prima volta il suolo lunare.

Un prodotto dal design raffinato, che utilizza materiali pregiati e innovativi quali alluminio, titanio e fibra di carbonio, dove le impugnature sono completamente personalizzabili secondo i gusti di chi la sceglie: mogano, pelle, legno d’ulivo, in un edonismo tattile oltre che estetico e funzionale.

Il valore della Hasselblad Lunar non è solo effettivo: questa fotocamera ha tutte le carte in regola per diventare un pezzo da collezione, che gli appassionati si contenderanno senza colpo ferire. È già successo: messa all’asta per beneficenza, una Lunar è arrivata alla cifra, quantomai notevole, di 28.000 dollari.

Una macchina fotografica su misura, un oggetto da esibire e allo stesso tempo da utilizzare come merita, al massimo della sua potenzialità. In alcune culture, si pensa ancora che la macchina fotografica “catturi” l’anima di chi si prepara a ritrarre. In questo caso, possiamo decisamente ammettere che la Hasselblad Lunar rappresenti totalmente la personalità di chi desidera che ogni oggetto porti e trasmetta quel tocco personale che ci rende unici.


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